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Ai Act: come l’ue bilancia innovazione e diritti nell’era dell’ia

L'implementazione dell'AI Act si rivela complessa, con criticità emergenti a livello europeo e nazionale. Scopri le sfide e le opportunità di questa regolamentazione.
  • L'ai act entrerà in vigore il 2 agosto 2025.
  • Codice di condotta creato da 13 esperti dopo 1000 consultazioni.
  • Sanzioni fino a 35 milioni di euro o il 7% del fatturato.

L’Unione Europea si pone all’avanguardia nella regolamentazione dell’intelligenza artificiale (IA) con l’AI Act, un regolamento ambizioso che mira a bilanciare innovazione e tutela dei diritti fondamentali. Tuttavia, l’implementazione di questa normativa complessa si sta rivelando una sfida ardua, con criticità che emergono sia a livello europeo che nazionale.

La Commissione Europea ha presentato un codice di condotta, su base volontaria, per assistere le imprese nell’adeguamento al nuovo regolamento sull’IA, la cui entrata in vigore è prevista per il 2 agosto 2025. L’iniziativa giunge in un momento in cui diverse multinazionali europee del settore esprimono forti preoccupazioni riguardo alla legislazione comunitaria, considerata eccessivamente restrittiva rispetto a quelle presenti in altre aree del mondo.

Il codice di condotta, elaborato da 13 esperti indipendenti dopo aver consultato oltre 1.000 attori del settore, si concentra su tre aspetti fondamentali: trasparenza, diritti d’autore, sicurezza e protezione. In particolare, raccomanda di escludere dai modelli di ricerca i siti noti per ripetuti atti di pirateria informatica e richiede ai colossi dell’IA di verificare che le loro conversazioni non contengano linguaggio offensivo o violento.

Le regole contenute nel regolamento entreranno in vigore il 2 agosto 2025, diventando applicabili un anno dopo per i nuovi modelli e due anni dopo per quelli esistenti. L’obiettivo primario è assicurare che tutti i modelli generici di IA disponibili nel mercato europeo, inclusi i più potenti, offrano garanzie di sicurezza e chiarezza.

Un gruppo di 46 imprese, tra cui nomi importanti come Airbus, Lufthansa, BNP Paribas e Mistral, ha richiesto una sospensione temporanea delle nuove regole, accusando le norme comunitarie di “mettere a repentaglio le ambizioni europee in materia di intelligenza artificiale” e di “compromettere non solo lo sviluppo di campioni europei, ma anche la capacità di tutti i settori di utilizzare l’intelligenza artificiale sulla scala richiesta dalla concorrenza globale”.

Criticità e Sfide nell’Attuazione dell’AI Act

L’AI Act (Regolamento UE 2024/1689) rappresenta il primo tentativo di disciplina organica e sistematica dell’IA a livello sovranazionale, inserendosi nella più ampia strategia digitale europea. Nondimeno, le prime fasi attuative evidenziano notevoli criticità che sollecitano una valutazione critica della solidità del quadro normativo e della sua capacità di conciliare l’efficacia della regolamentazione con la certezza del diritto e l’impulso all’innovazione tecnologica.

Il testo legislativo, fondato su un approccio incentrato sulla valutazione del rischio, disciplinerà con crescente rigore l’intero ciclo di vita dei sistemi di IA, con impatti significativi attesi dalla metà del 2025 per i modelli generativi come ChatGPT, MidJourney e Suno.

I sistemi classificati ad alto rischio, impiegati in ambiti sensibili quali sanità, formazione, occupazione e finanza, saranno sottoposti a stringenti requisiti di trasparenza, tracciabilità, controllo umano e valutazione del loro impatto.

Un’attenzione particolare è dedicata ai modelli di IA generativa di uso generale (GPAI) i quali, a partire dal 2 agosto 2025, dovranno conformarsi a specifiche disposizioni in materia di documentazione tecnica, provenienza dei dati di addestramento, tutela del diritto d’autore e identificazione dei contenuti generati.

Le aziende che sviluppano o utilizzano GPAI saranno obbligate ad implementare rigorosi sistemi di conformità, pena l’applicazione di sanzioni amministrative che potranno raggiungere i 35 milioni di euro o il 7% del fatturato globale, sanzioni che risultano addirittura più elevate rispetto a quelle previste dal GDPR.

La suddivisione dei sistemi di IA in quattro categorie di rischio (minimo, limitato, alto e inaccettabile) implica l’applicazione di regimi legali differenziati per quanto riguarda obblighi e controlli. Sebbene questa struttura rispecchi il principio di proporzionalità, genera notevoli complessità nel momento in cui si deve attribuire una classificazione a sistemi con funzionalità miste o applicazioni trasversali che non rientrano facilmente in una categoria definita.

La recente dichiarazione della Vicepresidente esecutiva della Commissione europea, Henna Virkkunen, riguardo la possibilità di posticipare l’effettiva applicazione di alcune norme dell’AI Act, solleva significative preoccupazioni in relazione al principio di certezza del diritto. L’ipotesi di un differimento dell’efficacia di determinate disposizioni del Regolamento, condizionato dalla mancata emissione puntuale degli atti attuativi, introduce un elemento di incertezza sull’entrata in vigore della normativa che appare problematico.

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  • 👎 L'AI Act rischia di frenare troppo l'innovazione......
  • 🤔 E se invece di regolamentare a tutti i costi......

L’Attuazione dell’AI Act in Italia: Un Quadro in Evoluzione

L’Italia si posiziona come uno dei primi Stati membri dell’Unione Europea a sviluppare un quadro legislativo organico in materia di Intelligenza Artificiale. La struttura di governance italiana è organizzata in un modello a tre livelli di autorità competenti: AgID e l’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale (ACN) fungono da principali enti di supervisione, supportati dal Garante per la Protezione dei Dati Personali per le questioni relative alla tutela delle informazioni personali.

Il Disegno di Legge n. 1146, approvato dal Senato il 20 marzo 2025 e successivamente dalla Camera dei Deputati, esemplifica come un sistema legale nazionale possa integrare le disposizioni europee con specificità locali, introducendo elementi innovativi che spaziano dalla trasparenza obbligatoria nei rapporti professionali fino a specifiche regolamentazioni settoriali.

Nel corso dell’analisi preliminare, la Commissione Europea aveva evidenziato diverse aree di discrepanza rispetto alla normativa europea, paventando il rischio di invalidazione delle norme nazionali incompatibili. Il testo definitivo approvato dal Senato ha pertanto recepito tali osservazioni, adottando un approccio più in linea con la legislazione europea.

Il disegno di legge disciplina l’impiego dell’IA in vari contesti applicativi; di particolare importanza è il settore della giustizia, esplicitamente definito dall’AI Act come ambito “ad alto rischio”. Le disposizioni pertinenti sono contenute nell’articolo 15 del Ddl 1146, il cui testo è stato integralmente modificato durante il suo percorso parlamentare.

Il comma 1 riafferma il principio della centralità dell’essere umano, stabilendo che nelle attività giurisdizionali ogni decisione riguardante l’interpretazione e l’applicazione della legge, la valutazione dei fatti e delle prove, nonché l’emissione di provvedimenti, è di esclusiva competenza del magistrato.

Questo principio preclude all’Intelligenza Artificiale l’autonomia decisionale nelle funzioni giurisdizionali, relegandola a un ruolo di supporto all’operatore umano.

Il biennio 2025-2026 si preannuncia cruciale non solo per il completamento del quadro normativo in esame, ma anche per la sua trasposizione in pratiche operative concrete, richiedendo alle imprese consistenti investimenti in sistemi di governance dell’AI, strumenti di monitoraggio dei rischi e programmi di formazione e conformità.

Codice di Condotta UE per l’IA: Un’Armonia Difficile tra Innovazione e Diritti

Con l’entrata in vigore dell’AI Act, il legislatore europeo e nazionale ha avvertito la necessità di affiancare al quadro normativo vincolante strumenti di soft law, idonei a orientare in maniera flessibile ma efficace le condotte degli operatori economici. In tale contesto si colloca il Codice di Condotta per i modelli di intelligenza artificiale general-purpose (GPAI), ideato come strumento di lavoro destinato ad assistere i fornitori nell’adeguamento ai nuovi requisiti stabiliti dalla sopracitata AI Act.

Fino ad oggi, sono state pubblicate tre versioni preliminari del suddetto Codice, le quali rappresentano le fasi progressive di affinamento dei suoi contenuti e della sua struttura complessiva.

Tuttavia, a seguito della pubblicazione della bozza, le principali associazioni europee che rappresentano i settori creativi hanno sollevato significative obiezioni, sottolineando che lo scopo principale dell’AI Act è di fornire agli autori, agli artisti e agli altri detentori di diritti gli strumenti necessari per esercitare e proteggere i propri diritti, imponendo ai fornitori di IA ad uso generale (GPAI) l’obbligo di attuare misure conformi al diritto d’autore dell’UE e di presentare un compendio sufficientemente esauriente dei materiali utilizzati per l’addestramento.

Secondo la coalizione dei rightsholder: “la terza bozza del Codice di condotta GPAI rappresenta un ulteriore allontanamento dal raggiungimento di tale obiettivo. Essa crea incertezza giuridica, interpreta erroneamente il diritto d’autore dell’UE e indebolisce gli obblighi stabiliti dallo stesso AI Act. Piuttosto che fornire un quadro solido per la conformità, il testo fissa standard così bassi da non offrire alcun supporto significativo agli autori, artisti e altri titolari di diritti per esercitare o far valere i propri diritti. Ancora più gravemente, non garantisce nemmeno che i fornitori di GPAI rispettino il diritto d’autore dell’UE o l’AI Act“.

Anche molti parlamentari europei hanno criticato la bozza di codice, evidenziando come alcuni contenuti stravolgano le originarie intenzioni del legislatore e come il testo proposto sia “pericoloso, antidemocratico e crei incertezza giuridica”.

Equilibrio Precario: La Sfida di un’IA Etica e Innovativa

La complessa vicenda dell’AI Act e del suo codice di condotta ci pone di fronte a una riflessione cruciale: come possiamo garantire che l’intelligenza artificiale sia sviluppata e utilizzata in modo etico e responsabile, senza soffocare l’innovazione e il progresso tecnologico? La risposta non è semplice, e richiede un approccio multidisciplinare che coinvolga legislatori, esperti del settore, aziende e la società civile nel suo complesso.

Un concetto fondamentale da tenere a mente è quello di bias algoritmico. Gli algoritmi di IA, per quanto sofisticati, sono addestrati su dati che possono riflettere pregiudizi e discriminazioni presenti nella società. Se non si presta attenzione a questo aspetto, l’IA rischia di perpetuare e amplificare tali disuguaglianze, con conseguenze negative per individui e comunità.

Un concetto più avanzato è quello di explainable AI (XAI), ovvero l’intelligenza artificiale spiegabile. Si tratta di sviluppare modelli di IA che siano in grado di fornire una spiegazione delle proprie decisioni, rendendo più trasparente il processo decisionale e consentendo agli utenti di comprenderne le logiche sottostanti. La XAI è fondamentale per garantire la fiducia e l’accettabilità dell’IA, soprattutto in contesti delicati come la sanità o la giustizia.

In definitiva, la sfida è quella di trovare un equilibrio tra la necessità di regolamentare l’IA per proteggere i diritti fondamentali e la volontà di promuovere l’innovazione e la competitività. Un compito arduo, ma non impossibile, che richiede un impegno costante e una visione lungimirante. La posta in gioco è alta: il futuro della nostra società.


Articolo e immagini generati dall’AI, senza interventi da parte dell’essere umano. Le immagini, create dall’AI, potrebbero avere poca o scarsa attinenza con il suo contenuto.(scopri di più)
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