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- Studio MIT: connettività cerebrale inferiore fino al 55% con ChatGPT.
- Il 64% degli studenti è preoccupato per l'uso dell'AI.
- Il 95% degli intervistati considera l'AI inappropriata nel contesto scolastico.
L’avvento di ChatGPT e di altri modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM) ha suscitato un acceso dibattito sul loro impatto sull’apprendimento e sulle capacità cognitive umane. Un recente studio condotto dal MIT Media Lab ha gettato nuova luce su questo tema, rivelando che l’uso eccessivo di ChatGPT può portare a una diminuzione dell’attività cerebrale e a un indebolimento delle capacità di pensiero critico e di memoria. La ricerca, guidata dalla neuroscienziata Nataliya Kosmyna, ha misurato l’attività cerebrale di 54 studenti durante la scrittura di saggi, confrontando i risultati di coloro che utilizzavano ChatGPT con quelli di chi si affidava a motori di ricerca tradizionali o alle proprie risorse cognitive. I risultati hanno evidenziato che gli studenti che utilizzavano ChatGPT mostravano una connettività cerebrale inferiore fino al 55% rispetto agli altri gruppi, suggerendo che l’AI assorbiva una parte considerevole del loro sforzo cognitivo. Questa riduzione delle prestazioni mentali, quando si affida l’esecuzione di compiti cognitivi elaborati ai sistemi artificiali, è stata etichettata come “debito cognitivo”.
Metodologia dello studio e risultati chiave
Lo studio del MIT ha coinvolto 54 partecipanti, divisi in tre gruppi distinti: un gruppo utilizzava ChatGPT, un altro utilizzava motori di ricerca tradizionali e il terzo lavorava senza alcun supporto tecnologico. Ai partecipanti è stato chiesto di scrivere saggi tratti da test attitudinali utilizzati per l’ammissione alle università statunitensi. L’attività cerebrale dei partecipanti è stata monitorata tramite elettroencefalogrammi (EEG) durante le sessioni di scrittura. Gli studiosi hanno esaminato sia le performance intellettuali che l’onere mentale gravante sui partecipanti. Successivamente, i gruppi sono stati scambiati: coloro che avevano fatto uso dell’intelligenza artificiale sono passati a lavorare senza l’ausilio tecnologico, e viceversa. Questo scambio ha consentito di osservare gli effetti diretti sul cervello derivanti dal cambiamento nell’impiego della tecnologia. I risultati hanno mostrato che il gruppo che non si avvaleva di supporti tecnologici presentava le reti neurali più robuste ed estese, mentre il gruppo che utilizzava ChatGPT mostrava la connettività cerebrale più bassa. È emerso in particolare che gli individui che sono passati dall’utilizzo di ChatGPT al lavoro non supportato hanno mostrato una ridotta connettività cerebrale e una minore attivazione nelle aree cerebrali associate all’attenzione e all’elaborazione attiva. D’altro canto, i partecipanti che sono passati dalla scrittura senza strumenti all’impiego dell’AI hanno manifestato un miglioramento nella capacità di memorizzazione e una riattivazione delle regioni cerebrali legate alla creatività e alla memoria. La qualità dei testi prodotti rifletteva tali disparità: i saggi composti con l’assistenza di ChatGPT sono stati giudicati dagli insegnanti “piatti”, ripetitivi e privi di originalità. Inoltre, i partecipanti che avevano avuto accesso all’AI hanno incontrato difficoltà nel richiamare o citare quanto avevano scritto solo pochi istanti prima.

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Implicazioni per l’istruzione e il futuro dell’apprendimento
Lo studio del MIT solleva importanti interrogativi sull’uso dell’intelligenza artificiale nell’istruzione. Se da un lato ChatGPT e altri LLM possono offrire vantaggi in termini di velocità e convenienza, dall’altro il loro uso eccessivo potrebbe compromettere le capacità cognitive degli studenti. La ricerca suggerisce che l’AI dovrebbe essere utilizzata come strumento complementare nei processi didattici, ma non come sostituto delle capacità di pensiero critico e di apprendimento autonomo. La ricercatrice Nataliya Kosmyna avverte che l’impatto educativo dell’uso dell’AI sta appena iniziando a manifestarsi e che è urgente esplorare il possibile declino delle capacità di apprendimento. Un’indagine separata condotta da Turnitin, un’azienda specializzata in tecnologie per l’istruzione, ha rivelato che il 64% degli studenti manifesta preoccupazione riguardo all’uso dell’AI, in contrasto con il 50% degli insegnanti e il 41% degli amministratori scolastici. Nonostante la maggior parte degli intervistati abbia una visione favorevole dell’impatto dell’intelligenza artificiale, il 95% considera il suo impiego inappropriato nel contesto scolastico. Gli studenti hanno ammesso di utilizzare occasionalmente strumenti basati sull’intelligenza artificiale per i propri compiti, ma riconoscono al contempo che questa consuetudine potrebbe ripercuotersi negativamente sul loro processo di apprendimento. Metà degli studenti intervistati confessa di non padroneggiare l’utilizzo efficace delle piattaforme AI. La ricerca del MIT sottolinea la necessità di un approccio più meditato ed equilibrato nell’impiego degli assistenti basati sull’AI per attività creative e che richiedono un elevato impegno cognitivo.
Verso un equilibrio tra intelligenza artificiale e capacità cognitive umane
La ricerca del MIT ci pone di fronte a una sfida cruciale: come integrare l’intelligenza artificiale nelle nostre vite senza compromettere le nostre capacità cognitive fondamentali? La risposta non è semplice e richiede una riflessione profonda sul ruolo dell’AI nell’apprendimento e nel lavoro. È fondamentale promuovere un uso consapevole e responsabile dell’AI, incoraggiando gli studenti e i professionisti a sviluppare le proprie capacità di pensiero critico, creatività e problem-solving. Allo stesso tempo, è necessario investire nella ricerca per comprendere meglio gli effetti a lungo termine dell’uso dell’AI sul cervello e sviluppare strategie per mitigarne i rischi. Il mantenimento delle nostre innate facoltà cognitive e l’adozione di supporti tecnologici determineranno lo sviluppo futuro dell’apprendimento e della creatività della specie umana; dalla nostra abilità di armonizzare questi due aspetti dipenderà la direzione che prenderemo. La convenienza immediata offerta dall’intelligenza artificiale potrebbe comportare un costo cognitivo nel lungo periodo, un aspetto che stiamo solo iniziando a esplorare. Lo studio non suggerisce di rinunciare completamente all’IA, ma ci spinge a una profonda considerazione su come la integriamo nel tessuto delle nostre esistenze.
Riflessioni conclusive: il bivio dell’intelligenza aumentata
Ci troviamo di fronte a un bivio. Da un lato, l’intelligenza artificiale promette di automatizzare compiti complessi, liberandoci da attività ripetitive e consentendoci di concentrarci su ciò che conta davvero. Dall’altro, l’uso eccessivo di questi strumenti rischia di atrofizzare le nostre capacità cognitive, rendendoci dipendenti dalle macchine e incapaci di pensare in modo autonomo. La sfida è quella di trasformare l’intelligenza artificiale in intelligenza aumentata, ovvero uno strumento che potenzi le nostre capacità cognitive anziché sostituirle. Questo richiede un approccio educativo che promuova il pensiero critico, la creatività e la capacità di problem-solving, incoraggiando gli studenti a utilizzare l’AI come un supporto, ma non come una stampella. Solo in questo modo potremo sfruttare appieno il potenziale dell’intelligenza artificiale senza sacrificare la nostra umanità.
Amici lettori, spero abbiate trovato interessante questo articolo. Vorrei aggiungere una piccola nota sull’intelligenza artificiale. Avete presente il concetto di “overfitting”? È quando un modello di AI impara così bene i dati di addestramento da non riuscire più a generalizzare su dati nuovi. Ecco, forse stiamo rischiando un “overfitting” cognitivo: impariamo così bene a usare ChatGPT da dimenticare come pensare da soli. E a proposito di concetti avanzati, pensate alle “reti generative avversarie” (GAN). Due reti neurali che competono tra loro: una genera dati, l’altra cerca di distinguerli dai dati reali. Forse dovremmo applicare questo principio anche all’uso dell’AI: una parte di noi che crea con l’AI, e un’altra che critica e valuta il risultato, per non perdere mai il nostro spirito critico. Cosa ne pensate?








