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- Studio UZH: pubblico più preoccupato da rischi concreti, non catastrofi future.
- Goldman Sachs: AI influenza 300 milioni di posti di lavoro globali.
- AI Act: UE prima legislazione globale su sistemi di AI.
Oggi, 2 maggio 2025, alle ore 12:34, l’intelligenza artificiale (AI) continua a permeare ogni aspetto della nostra esistenza, suscitando un acceso dibattito pubblico. Da un lato, si ergono voci che paventano scenari distopici, alimentati da timori di una futura dominazione delle macchine. Dall’altro, si levano toni più pragmatici, che pongono l’accento sulle problematiche attuali, come la disinformazione, i pregiudizi algoritmici e le trasformazioni del mercato del lavoro.
Le Paure Fondamentali: Oltre la Fantascienza
Una recente indagine condotta dall’Università di Zurigo (UZH), coinvolgendo oltre 10.000 individui tra Stati Uniti e Regno Unito, ha gettato nuova luce su queste paure. I risultati rivelano una tendenza marcata: le persone sono maggiormente preoccupate dai rischi concreti e immediati associati all’AI, piuttosto che da ipotetiche catastrofi future. Questa constatazione dovrebbe stimolare una profonda riflessione, in particolare per coloro che, spesso con toni catastrofici, annunciano la scomparsa del lavoro umano a causa delle macchine.
I ricercatori dell’UZH, guidati dal professor Fabrizio Gilardi, hanno confrontato le reazioni dei partecipanti di fronte a due tipologie di contenuti: quelli incentrati su rischi esistenziali (come l’estinzione dell’umanità a causa dell’AI) e quelli focalizzati su problemi reali e tangibili (disinformazione, discriminazioni algoritmiche, automazione del lavoro). I risultati hanno evidenziato una notevole capacità di discernimento da parte del pubblico, che ha dimostrato di saper distinguere tra pericoli teorici e problemi concreti, attribuendo a questi ultimi una maggiore priorità.

Il Lavoro si Trasforma: Adattamento, Non Sostituzione
Uno dei timori più diffusi riguarda l’impatto dell’AI sull’occupazione. Tuttavia, asserire che l’AI sottragga posti di lavoro rappresenta una semplificazione eccessiva e ingannevole. Invece, i dati forniti dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) dimostrano che, sebbene l’automazione rimpiazzi alcune funzioni, vengono generate nuove opportunità occupazionali, spesso più specializzate e con retribuzioni più elevate.
Le stime di Goldman Sachs rivelano che l’AI generativa potrebbe esercitare un impatto su circa 300 milioni di posizioni lavorative a livello mondiale. È fondamentale sottolineare che “influenzare” non equivale a “cancellare”. Si tratta, piuttosto, di un cambiamento profondo nelle competenze richieste, che impone un ripensamento delle strategie di formazione e riqualificazione professionale. Parallelamente, le professioni connesse all’AI stessa – sviluppatori, analisti di dati, esperti di etica digitale – registrano una notevole espansione. Numerosi settori, dalla cura della salute all’istruzione, stanno già sperimentando l’AI come strumento per potenziare l’efficacia e la qualità dei servizi offerti, senza però mirare a sopprimere il lavoro umano.
Disinformazione e Pregiudizi: I Veri Pericoli
I veri pericoli risiedono nella disinformazione e nei pregiudizi. Il rischio più tangibile legato all’ampia diffusione dell’AI non è tanto la “sostituzione” delle persone, quanto l’assuefazione a errori sistemici, come quelli legati a discriminazioni operate dagli algoritmi.
Gli algoritmi impiegati nelle procedure di selezione del personale, nel sistema giudiziario o nell’ambito creditizio possono riprodurre e amplificare i preconcetti sociali, svantaggiando minoranze o gruppi vulnerabili. Allo stesso modo, la disinformazione è un problema pressante. L’utilizzo dell’AI generativa per la creazione di contenuti falsi – testi, video deepfake, immagini contraffatte – è in aumento, con possibili effetti destabilizzanti su elezioni, opinione pubblica e armonia sociale. Come sottolinea Emma Hoes, coautrice dello studio dell’UZH, “non si tratta di scegliere tra parlare dei rischi futuri o di quelli attuali. Serve una comprensione congiunta e articolata di entrambi”.
Verso un Futuro di Collaborazione: Intelligenza Aumentata
L’intelligenza artificiale non è una minaccia al lavoro, ma una sfida di adattamento. Al pari di ogni trasformazione tecnologica, essa reca con sé sia benefici che pericoli. Eppure, i dati e le analisi evidenziano che i cittadini non sono affatto sprovveduti: essi temono meno la fantascienza e molto di più la realtà concreta. Affrontare le problematiche reali – discriminazioni, disinformazione, nuove disuguaglianze – rappresenta il primo passo per plasmare un futuro in cui l’AI sia realmente al servizio dell’umanità.
È necessaria una regolamentazione oculata, che favorisca l’innovazione salvaguardando al contempo i diritti individuali. L’Unione Europea, ad esempio, si sta impegnando in tal senso con l’AI Act, la prima legislazione a livello globale che disciplina in modo organico i sistemi di intelligenza artificiale.
L’Umanesimo Digitale: Un Nuovo Paradigma
L’intelligenza artificiale, se usata bene, dovrebbe migliorare il lavoro dei tecnici, togliere la parte meno interessante e lasciare quella creativa. Oggi, i professionisti svolgono mansioni diverse da quelle che dovrebbero, tralasciando ciò per cui hanno studiato e si sono specializzati: dovrebbero progettare i migliori algoritmi per la manutenzione predittiva o per sistemi di marketing avanzati capaci di personalizzare le campagne verso i clienti, senza tralasciare la gestione del rischio, che può avere un impatto notevole in un mondo pieno di incertezze come quello attuale. Di fatto, questi algoritmi non vengono sviluppati al giorno d’oggi, in quanto i tecnici qualificati per farlo sono impegnati in altre attività.
L’AI non è una sfera di cristallo, ma, analizzando i dati passati, permette di prevedere con margini di precisione via via più ampi gli scenari futuri. Inoltre, per adattare le previsioni alla realtà, è sempre necessaria quella combinazione di intuizione e competenza tipica degli esseri umani. Piuttosto che fornire certezze sul futuro, le informazioni hanno il potenziale di potenziare la capacità individuale di interpretazione e di flessibilità di fronte alle contingenze. Pertanto, l’intelligenza artificiale consente di unire le due forze: quella umana e quella dei dati. Il risultato è un’intelligenza potenziata che può condurci a conseguire i risultati migliori.
Amici lettori, in questo scenario in continua evoluzione, è fondamentale comprendere alcuni concetti chiave dell’intelligenza artificiale. Uno di questi è il machine learning, ovvero la capacità delle macchine di apprendere dai dati senza essere esplicitamente programmate. Questo processo consente ai sistemi di AI di migliorare le proprie prestazioni nel tempo, adattandosi a nuove informazioni e contesti.
Un concetto più avanzato è il reinforcement learning*, un paradigma in cui un agente (un sistema di AI) impara a prendere decisioni in un ambiente per massimizzare una ricompensa cumulativa. Questo approccio è particolarmente utile in situazioni complesse, dove non è possibile definire a priori tutte le possibili soluzioni.
Riflettiamo insieme: come possiamo sfruttare al meglio le potenzialità dell’AI, mitigando al contempo i rischi e garantendo un futuro in cui tecnologia e umanità possano convivere in armonia? La risposta a questa domanda dipende dalla nostra capacità di abbracciare il cambiamento, di investire nella formazione e di promuovere un’etica digitale che metta al centro il benessere dell’individuo e della società.