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- Le interfacce neurali offrono la possibilità di recuperare parzialmente l'autonomia per chi ha perso l'uso degli arti a causa di ictus o traumi.
- Il costo stimato di un braccio bionico è di circa 10.000 euro, ma si prevede una diminuzione grazie ai progressi tecnologici.
- Entro il 2030, le spese per curare le alterazioni cerebrali potrebbero raggiungere i seimila miliardi di dollari, rendendo cruciale lo sviluppo di terapie accessibili.
L’innovazione riguardante le braccia robotiche gestite tramite la mente sta compiendo rapidi progressi, portando con sé promettenti opportunità per i soggetti afflitti da ictus o altre patologie debilitanti. Tuttavia, tale progresso pone una serie di interrogativi fondamentali sul piano etico, sociale ed economico che necessitano di essere attentamente considerati affinché si possa promuovere un avvenire giusto e inclusivo. Questo articolo mira a indagare le varie conseguenze derivanti dall’implementazione di questa tecnologia, valutandone tanto il potenziale quanto i possibili rischi; intende così incoraggiare un dialogo pubblico ben informato capace di indirizzare lo sviluppo responsabile dell’innovazione.
La rivoluzione delle interfacce neurali
I sistemi neuronali rappresentano senza dubbio una straordinaria innovazione nel settore sia della robotica che della medicina riabilitativa. Tali tecnologie hanno l’incredibile capacità di convertire i segnali provenienti dal cervello in istruzioni operative per gestire apparecchiature esterne quali braccia robotiche ed esoscheletri. Per gli individui privati del movimento degli arti a seguito di eventi catastrofici come ictus o traumi fisici gravi, queste soluzioni offrono la possibilità concreta di recuperare almeno parzialmente l’autonomia personale oltre a potenziare significativamente la qualità esistenziale. Riflettete sull’opportunità che si offre nel poter riprendere gesti semplici come bere da un bicchiere d’acqua, preparare piatti o redigere messaggi; operazioni rese precedentemente impraticabili dalla condizione invalidante del paziente stesso. Questo recupero dell’indipendenza tende a influenzare profondamente le dinamiche sociali delle persone coinvolte, elevando tanto l’autoefficacia quanto l’inclusione comunitaria. Il progetto del San Raffaele Neurotech Hub, frutto sinergico del lavoro congiunto fra IRCCS Ospedale San Raffaele e il prestigioso Nicolelis Institute for Advanced Brain Studies, emerge quale illustre esempio concreto volto all’adozione su vasta scala delle innovative applicazioni tecnologiche.
Nella prima iniziativa d’avanguardia a livello europeo, questo centro ha l’ambizione d’introdurre innovativi protocolli per la neuroriabilitazione mediante l’impiego di interfacce cervello-macchina non intrusive (nBMI), sfruttando una sinergia tra realtà virtuale, robotica e metodologie avanzate .
I fondamenti tecnologici delle interfacce neurali poggiano su meccanismi intricatissimi; tuttavia, PUNTI CHIAVE: all’origine vi è una dinamica semplice: le cellule neuronali cerebrali scambiano informazioni attraverso impulsi elettrici. Questi impulsi possono essere captati e interpretati tramite strumenti elettronici appropriati, permettendo così il controllo remoto. . Varie tipologie d’interfacciamento esistono sul mercato; sebbene alcune siano classificate come invasive — richiedendo posizionamenti chirurgici d’elettrodi all’interno del cranio — altre adottano un approccio non invasivo che implica l’uso esterno dei sensori per monitorare le funzioni cerebrali. Di solito, molti sistemi (non invasivi) hanno inferiori livelli di precisione ma risultano più sicuri ed immediatamente accessibili in termini operativi. Non va sottovalutato né trascurato neanche l’aspetto economico legato a queste innovazioni tecnologiche.
Oggi come oggi, il costo di un braccio bionico si aggira attorno ai 10.000 euro; tuttavia, è possibile prevedere una riduzione di tale spesa grazie ai continui avanzamenti tecnologici e all’incremento della capacità produttiva. È essenziale che le misure politiche mirino a favorire un accesso giusto a queste innovazioni, assicurando che ogni paziente in necessità possa trarne vantaggio, senza distinzione alcuna riguardo alla propria situazione finanziaria.
Implicazioni etiche e sociali
L’avvento delle braccia robotiche controllate dal pensiero solleva una serie di importanti questioni etiche e sociali. Una delle questioni più importanti riguarda la definizione di “abilità” e “disabilità”. In un mondo in cui la tecnologia può superare i limiti imposti dalla natura, come dobbiamo considerare le persone che utilizzano ausili tecnologici per migliorare le loro capacità? Dobbiamo forse ripensare il concetto di normalità e abbracciare una visione più inclusiva della diversità umana? Questa domanda non ha una risposta facile, ma è importante che venga affrontata in modo aperto e onesto, coinvolgendo tutti gli attori interessati, dai pazienti ai medici, dagli ingegneri ai filosofi.
Un’altra questione importante riguarda la privacy e la sicurezza dei dati cerebrali. Le interfacce neurali raccolgono informazioni estremamente sensibili sull’attività cerebrale delle persone. Chi avrà accesso a questi dati? Come possiamo proteggerci dal rischio di abusi o manipolazioni? È necessario che vengano sviluppate normative chiare e rigorose per proteggere la privacy dei dati cerebrali e per garantire che vengano utilizzati in modo etico e responsabile. L’UNESCO ha lanciato una consultazione globale sull’etica della neurotecnologia per affrontare queste sfide e definire linee guida per uno sviluppo responsabile di queste tecnologie. Il Cile è stato il primo paese al mondo a inserire nella propria Costituzione la tutela dei “neuro diritti”, riconoscendo l’importanza di proteggere l’attività cerebrale e le informazioni da essa derivate. Questi sono passi importanti nella giusta direzione, ma è necessario un impegno globale per garantire che i diritti fondamentali siano rispettati anche nell’era delle neurotecnologie. Inoltre, è essenziale considerare l’impatto di queste tecnologie sul mondo del lavoro. Se le braccia robotiche controllate dal pensiero diventano sempre più sofisticate ed economiche, potrebbero sostituire i lavoratori umani in alcuni settori.
Suscita domanda, la necessità di instaurare nuove politiche, mirate a salvaguardare i lavoratori, confrontandosi con il fenomeno della disoccupazione causata dall’avanzamento tecnologico. È fondamentale garantire che il progresso non escluda nessuno dai suoi frutti.
L’AGID (Agenzia per l’Italia Digitale), nella sua missione, sta attivamente promuovendo progetti di inclusione digitale mediante un laboratorio dedicato alle innovazioni assistive rivolte alle persone in situazione di handicap. Tale spazio sperimenterà attività pratiche, valutazioni dirette ed occasioni formative, finalizzate alla diffusione e all’integrazione delle tecnologie assistive nel quotidiano. Questa iniziativa si rivela cruciale poiché mira ad aumentare la consapevolezza pubblica riguardo ai vantaggi offerti da tali strumenti tecnologici e alla loro imprescindibile accessibilità.

Accesso e inclusione
I concetti di accesso e senso di inclusione, infatti, rappresentano colonne portanti per assicurare che le braccia robotiche controllate mediante attività cognitiva possano realmente servire un ampio bacino demografico. È vitale che tali innovazioni siano rese disponibili non solo da un punto di vista economico ma anche dal lato geografico e socioculturale. Ciò impone una diffusione capillare delle stesse in ogni angolo del territorio nazionale, comprese le zone più isolate o rurali; esse dovrebbero inoltre rispecchiare le esigenze specifiche delle diverse identità culturali presenti nelle varie comunità locali. Contestualmente, riveste grande importanza il fatto che i pazienti insieme alle loro famiglie abbiano accesso a informazioni chiare riguardo ai vantaggi nonché ai rischi associati all’uso di queste tecnologie avanzate; il coinvolgimento attivo nel processo decisionale deve diventare un principio cardine. Le organizzazioni dei pazienti sono chiamate ad assumere una funzione rilevante nell’offrire supporto morale oltre ad indicazioni pratiche essenziali ai propri assistiti.
D’altro canto, è fondamentale sottolineare come le politiche pubbliche debbano impegnarsi attivamente nella promozione dell’integrazione delle persone affette da disabilità in ogni aspetto della vita sia sociale sia economica.
Questa situazione richiede lo sviluppo di strategie mirate a garantire che gli individui affetti da disabilità possano fruire pienamente dell’istruzione, occupazione, assistenza sanitaria e servizi sociali disponibili. Inoltre, diventa imprescindibile sostenere l’accessibilità degli spazi pubblici e dei sistemi di trasporto pubblico per assicurare la partecipazione attiva delle persone con disabilità nella comunità. L’adozione adeguata delle tecnologie assistive potrebbe risultare determinante nell’affrontare tali tematiche d’inclusione; rimane cruciale però assicurarne l’impiego corretto in una cornice integrata orientata verso l’accoglienza.
L’IRCCS Ospedale San Raffaele, insieme al Nicolelis Institute for Advanced Brain Studies, ha intrapreso una partnership volta a istituire un nuovo centro specializzato in neuroriabilitazione capace di offrire accesso a protocolli avanzati attraverso interfacce non invasive tra cervello e macchina. Tale iniziativa rappresenta chiaramente la sinergia possibile tra istituzioni nel promuovere il diritto all’accesso e inclusività per gli individui portatori di disabilità. Il centro sarà dedito all’erogazione di terapie dedicate alla neuroriabilitazione , rivolte a individui colpiti da lesioni spinali, affetti da malattia di Parkinson, o che convivono con la sclerosi multipla ed ex soggetti colpiti da un ictus. Attualmente si calcola che più di un miliardo di individui a livello globale lotti contro alcune forme d’alterazioni cerebrali; si prevede inoltre, in base alle stime, che entro la fine del 2030 le spese complessive necessarie a curare queste problematiche possano schizzare fino a quota seimila miliardi di dollari. In tale contesto risulta imperativo lo sviluppo urgente e strategico delle innovazioni terapeutiche caratterizzate dalla loro sicurezza, efficacia ed accessibilità economica nell’intento primario di soddisfare i bisogni specifici degli individui coinvolti.
Verso un futuro di neuro-equità
È fondamentale riconoscere come il domani riguardi le braccia robotiche e le interfacce neurali, entrambi domini in cui abbiamo una scelta decisiva da compiere. La nostra direzione deve essere quella dello sviluppo responsabile ed etico: questo implica che tali avanzamenti tecnologici possano apportare benefici collettivi anziché generare disparità o discriminazioni nuove. È chiaro quale debba essere il percorso: garantire un accesso universale a tali innovazioni; salvaguardare i diritti alla privacy insieme alla sicurezza dei dati neurologici; favorire attivamente l’inclusione delle persone con disabilità nella dimensione sociale ed economica della società contemporanea. Solo attraverso questi sforzi sarà possibile edificare una realtà futura dove la tecnologia funge da propulsore del progresso umano piuttosto che da fonte di separazione.
Nell’ambito della neuro-equità, va sottolineato come il concetto si riferisca all’equilibrio nella distribuzione sia degli esiti positivi sia dei potenziali rischi associati alle neurotecnologie. In tal senso, è imperativo assicurarsi che ogni individuo possa accedere a soluzioni neuroscientifiche capaci di elevare il tenore della propria esistenza—senza distinzione alcuna legata al proprio stato economico, all’area geografica d’origine o ai contesti culturali d’appartenenza.
È essenziale tutelare gli individui dal rischio di possibili comportamenti o manovre abusive da parte dei detentori del potere stesso. Un principio cardine della neuro-equità è rappresentato dalla trasparenza, accompagnata dalla responsabilità. Occorre chiarire i processi attraverso i quali si sviluppano e vengono impiegate le neurotecnologie, assicurando al contempo che chi ne fa un uso improprio venga chiamato a risponderne. Solo perseguendo questi obiettivi riusciremo a plasmare una realtà futura in cui tali tecnologie servano l’interesse collettivo anziché arricchire pochi privilegiati.
Nella speranza che questo scritto possa aver suscitato delle riflessioni personali attorno a questi argomenti, desidero illustrarti un principio fondamentale legato all’intelligenza artificiale pertinente alla questione trattata. L’apprendimento automatico, noto anche come machine learning, costituisce una branca dell’intelligenza artificiale capace d’inculcare nei sistemi la capacità d’apprendere dai dati senza necessitare di una programmazione dettagliata predefinita. Questa dimensione assume notevole importanza poiché le interfacce neurali dipendono proprio da algoritmi d’apprendimento automatico affinché possano decifrare i segnali cerebrali, traducendoli quindi in istruzioni funzionali destinate al controllo delle braccia robotiche. Peraltro, la metodologia del transfer learning rappresenta un approccio sofisticato nell’ambito dell’apprendimento automatico. Essa offre l’opportunità di sfruttare le conoscenze maturate all’interno di uno specifico contesto per affrontare sfide analoghe in ambiti distinti. Tale strategia si mostra altamente efficace soprattutto nel campo delle interfacce neurali, poiché facilita l’adeguamento dei sistemi controllori a diversi individui affetti da variazioni nelle loro strutture cerebrali.